domenica 3 novembre 2013

USB denuncia l'apartheid delle commesse: la condizione femminile è insostenibile

“Lo sai cosa si nasconde dietro il sorriso di una cassiera che ti chiede di quante buste hai bisogno?"

Su quasi due milioni di lavoratori del commercio quasi l’80% sono donne. USB invita a discutere delle questioni vere che impattano pesantemente sulla vita di queste lavoratrici: salario, precarietà, part-time, discrezionalità e libertà.

In ballo ci sono innanzitutto le condizioni salariali. Finalmente scopriamo che tutti, fulminati sulla via di Damasco, riconoscono che in Italia esiste un problema di bassi salari. La forma contrattuale più usata nel commercio è quella part time, ma le multinazionali del commercio non ci dicono che il part-time non è quasi mai una libera scelta della lavoratrice, è l’unica possibilità che le viene offerta per essere assunta. La possibilità di migliorare questa condizione è remota e spesso non passa attraverso il merito o l’anzianità, il risultato è un salario che si aggira sui 600 - 700 euro mensili. Chi fa il part-time ha bisogno di svolgere una seconda occupazione per mettere insieme un salario appena sufficiente, ma questo è reso impossibile dall’organizzazione del lavoro messa in atto dalle aziende. I turni delle lavoratrici spesso vengono esposti il venerdì o il sabato della settimana precedente e variano in continuazione a seconda delle esigenze commerciali e non nel rispetto dei tempi di vita e della cura delle famiglie. A volte, sempre per le esigenze dell'impresa, i turni vengono cambiati per telefono nella stessa giornata. Può succedere che i part-time beneficino di incrementi dell’orario di lavoro, ma nessuno dice che si tratta di aumenti di ore contrattuali temporanei e discrezionali. La speranza di poter ottenere questi incrementi costituisce uno degli strumenti preferiti dalle aziende per mantenere sotto ricatto chi lavora. Ed è questa discrezionalità e ricattabilità che le donne subiscono quotidianamente, questo clima diffuso che incide nella vita di relazione e sulla salute di queste lavoratrici.

Il lavoro precario, altra forma contrattuale che favorisce la possibilità dei datori di lavoro di poter “ricattare” le lavoratrici, è una condizione molto diffusa per le donne del commercio. Perché assumere ex novo dipendenti da formare e senza esperienza e lasciare a casa persone che da anni danno il loro apporto all’impresa con professionalità ed esperienza? La risposta a questa domanda è inquietante: non le chiamano perché non vogliono rischiare che si avvicinino troppo ai 36 mesi di lavoro, validi per l'assunzione obbligatoria per legge. E' il modo che le aziende del commercio hanno escogitato per aggirare la legge dell'assunzione obbligatoria dopo 36 mesi: ti sfrutto per qualche anno e poi ti saluto, sostituendoti con altri precari. Proprio quelle aziende che si riempiono la bocca con la parola "legalità", trovano il modo di farsi beffa di una legge che tutela i lavoratori dal cancro della precarietà. Un meccanismo effettivamente ingegnoso di un settore che si conferma all'avanguardia nel trovare nuove forme per lo sfruttamento selvaggio dei lavoratori. Altri aspetti importanti sono quelli relativi al lavoro in nero, al sommerso, alla somministrazione, ai finti appalti di manodopera, agli stage “creativi”, insomma a tutte quelle “anomalie” contrattuali che hanno come perno la precarietà e che rendono ancora più deboli e sottopagate le donne del commercio, lasciando mano libera a chi le sfrutta.

Chi vive la realtà di un supermercato o di un ipermercato sa benissimo che è difficoltoso anche poter andare in bagno ed è spesso necessario chiedere il permesso. L’esigenza fisiologica viene considerata parte integrante dell’organizzazione del lavoro e del potere datoriale. E “denunciare, protestare o anche solo discutere le decisioni che ti riguardano non è affatto facile”. Questo è il clima che si vive nei luoghi del commercio, l’organizzazione del lavoro rispecchia quella delle istituzioni totali (carceri, manicomi, caserme), passa cioè per l’organizzazione formale e centralmente amministrata del luogo e delle sue dinamiche interne ed il controllo operato dall’alto sui soggetti-membri. Un gruppo di delgate ed iscritte USB della Coop ha denunciato questo clima da caserma in una ”lettera aperta” inviata a Luciana Littizzetto, testimonial della Coop, nella giornata contro la violenza sulle donne, ma moltissimi altri esempi testimoniano la nostra analisi. C'è la storia di una “cassiera ferita”di Leroy merlin, c’è la cassiera di Panorama ed il «diritto alla pipì» negato, c’è il "racconto” di una ex addetta alle vendite nella multinazionale Lidl, ci sono le cassiere della Carrefour che potevano fare “pipì solo ogni quattro ore”per direttiva, c’è “l’intervista a Beatrice”, cassiera Ipercoop in provincia di Torino, c’è la "lettera aperta” della bella addormentata alla Coop, che si è poi incatenata davanti la sede dell'associazione di categoria, ci sono le cinque ex precarie coop che “si raccontano”, c’è il “sorriso amaro” delle cassiere della Coop, che hanno il premio aziendale in base all'attitudine a sorridere, … Ma poi ci sono anche tante storie che sentiamo ogni giorno nelle nostre stanze sindacali e tantissime altre che purtroppo non ascolta nessuno, storie di ordinarie vessazioni vissute nella solitudine e nel dolore.

Le donne del commercio, come le donne di tutti gli altri settori, lavorano di più per guadagnare di meno e non ricoprono quasi mai ruoli apicali nelle aziende. Il principale fondamento delle pari opportunità sarebbe l'eliminazione di qualsiasi forma di discriminazione nel rispetto dei Diritti dell'individuo. In particolare, quando si parla di Pari Opportunità di Genere, s'intende la necessità di permettere e garantire alle donne di fare scelte e compiere azioni, sia nella vita privata che nella vita professionale, senza alcun tipo di diseguaglianza di genere, rendendosi conto delle mille potenzialità, creatività, abilità e motivazioni che le donne possono apportare alle società. Nella realtà molte donne del commercio hanno dichiarato di aver perso il lavoro a causa di una gravidanza, e la lettera di dimissioni in bianco è la modalità più diffusa con cui le leggi a tutela della madre lavoratrice vengono aggirate. Molte donne del commercio lamentano di subire molestie e atteggiamenti vessatori da parte dei “capi”, che spesso sono maschi. Ma allora a cosa servono le commissioni paritetiche contrattuali e i vari consiglieri di parità provinciali, regionali e chi più ne ha più ne metta? A creare stipendi per i soliti noti? La battaglia per le pari opportunità è una battaglia di civiltà e non può certamente restare un enunciato.

Ultima questione, ma non per ultima, la possibilità degli esercizi commerciali e dei grandi ipermercati di tenere aperto sempre, anche durante le domeniche e i festivi, che è stata recepita subito da tutti i soggetti interessati, creando un vantaggio e una comodità apparenti per “l’homo consumens” e, nel contempo, gravissimi problemi per i lavoratori, che non hanno più tempo per se stessi e per le proprie famiglie, aggiungendo un ennesimo tassello al puzzle di precarietà, basso salario, difficoltà nella vita di relazione e degli ormai pochissimi diritti per oltre due milioni addetti del settore ed in particolare per le donne. In un paese che fa i suoi continui richiami alla “sacralità” della famiglia e dove i servizi pubblici non sono attivi spesso neanche il sabato, ed in un settore dove l'80% degli occupati sono di sesso femminile, si evidenzia una forte contraddizione. Come può una donna che lavora nel commercio, dove la flessibilità è un elemento imprescindibile e straordinari, festivi obbligatori, orari che cambiano ogni giorno, ferie non concordate sono la normalità, rendere conciliabili i tempi di vita e di cura della famiglia con il proprio lavoro?

Salario, abbattimento della precarietà, possibilità di passare dal part-time al tempo pieno, contenimento della discrezionalità delle direzioni e contrattazione dei tempi e dei turni, e, non ultimo, libertà di parola e di critica, queste sono le questioni in campo. Questioni difficilmente aggirabili che non si risolvono con il consenso dei sindacati compiacenti ma con la disponibilità al dialogo vero con tutte le parti, compresa USB che non ha nessuna intenzione di inchinarsi alla filosofia delle aziende del commercio.

USB Coop Civita Castellana: sciopero pienamente riuscito, domenica si replica

Lo sciopero di solidarietà immediato dei colleghi di reparto di Umberto, colpito dall'ennesimo atto di arroganza da parte della dirigenza del supermercato Coop, è pienamente riuscito. L'astensione dal lavoro nel reparto interessato è stata pressoché totale, con la conseguente chiusura dello stesso. Durante lo sciopero il solerte "capetto" di turno ha riservato parole poco rispettose nei confronti degli scioperanti e della nostra organizzazione sindacale. La risposta delle lavoratrici e dei lavoratori non si è fatta attendere, domenica si replica lo sciopero.

Questo è il segno tangibile che i lavoratori del commercio non si rassegnano alla politica della riduzione del danno tanto cara ai sindacati "concertativi", ma hanno le qualità, l'energia e la determinazione per affrontare un percorso di lotta teso alla salvaguardia della dignità, dei diritti e del salario.

Dopo le due giornate di sciopero, culminate con la completa chiusura del negozio di Civita Castellana nel mese di settembre, la dirigenza del supermercato mostra segni di nervosismo evidenti, ma i lavoratori rilanciano la lotta.

Gli scioperi di settembre hanno colpito nel segno. I lavoratori hanno protestato contro il contratto di Avvio per il negozio di Civita Castellana, scaduto da circa un anno e sottoscritto dai soliti noti. L’azienda si continua a sottrarre ad un confronto su temi centrali quali la Sicurezza sui luoghi di lavoro, la produttività e l'organizzazione reparti, gli orari dei part time, il lavoro domenicale e festivo, le ferie e i riposi settimanali, l'organizzazione del lavoro.

USB ha inviato numerose richieste d’incontro a Unicoop Tirreno e altre saranno inviate nei prossimi giorni. L'azienda continua a ignorare la sentenza della Corte Costituzionale che conferma quanto noi dell’USB ripetiamo da 20 anni: ci vuole una legge con precisi criteri democratici che permetta ai lavoratori, prima ancora che ai sindacati, di poter esprimere liberamente da chi e come essere rappresentati.

USB esprime solidarietà ad Umberto e si schiera a suo fianco insieme a tutti i lavoratori che con questo sciopero hanno dimostrato che un altro sindacato si può.

giovedì 31 ottobre 2013

L'OTTO DICEMBRE IO LOTTO: prosegue la campagna nazionale contro il lavoro domenicale e festivo

Domenica 8 dicembre USB Commercio proseguirà la propria azione di lotta contro le aperture domenicali e festive. A Roma, Firenze, Bologna, Milano, Napoli, Livorno, saranno indetti presidi dentro e fuori i centri commerciali per denunciare le condizioni ormai insostenibili delle donne e degli uomini che lavorano nel commercio.

Il decreto del governo Monti noto come “salva Italia”, come da noi profetizzato, sta producendo i suoi effetti nefasti ed evidenziando le sue contraddizioni. USB, con la protesta dell'8 dicembre, prosegue la sua campagna nazionale contro le liberalizzazioni degli orari di apertura degli esercizi commerciali, contro la precarietà e lo sfruttamento.

Dopo la "LEZIONE DI DIRITTI"  dello scorso 25 aprile al centro commerciale Cinecittà Due, la “LEZIONE DI COSTITUZIONE" del 2 giugno al centro commerciale Porte di Roma, la PROTESTA del 29 giugno (la festa dei patroni della città di Roma), e dopo aver portato il dissenso fin SOTTO IL PARLAMENTO, l'Unione Sindacale di Base rilancia le mobilitazioni nella giornata dedicata per tradizione allo shopping natalizio.

L'80% dei lavoratori del commercio e della grande distribuzione sono donne. Il lavoro nei giorni festivi sta rendendo loro la vita sociale e familiare impossibile, tra l'altro con contratti part time e precari e con salari bassissimi che occupano tanto tempo e restituiscono pochissimo reddito.

L'otto dicembre rimetteremo al centro il diritto delle lavoratrici e dei lavoratori alle feste, ma soprattutto ad un salario e ad un lavoro all'insegna della dignità.

CARREFOUR: SVENDITA DI DIPENDENTI

Carrefour cambia denominazione in Simply e nel passaggio chiede ai lavoratori, ancora una volta, di lasciare pezzi di stipendio. Hanno cominciato con i lavoratori Carrefour dell’esercizio commerciale di Squillace, accampando scuse di compravendita e cessioni dell’azienda ed i lavoratori, invogliati dai sindacati "compiacenti" Cgil-Cisl-Uil, hanno abboccato, rimettendoci parte dello stipendio.

Ora hanno proposto qualcosa di peggio alla sede Cropani ora ex Carrefour, passano di mano l’esercizio commerciale da padre a figlio, cambiano denominazione da Carrefour a Simply, e nel passaggio chiedono ai lavoratori ancora una volta di lasciare pezzi di stipendio!

Un core business alla rovescia, che potrebbe aprire la porta ad un processo inarrestabile, fatto di ulteriori licenziamenti in tutto il gruppo. A chi toccherà domani essere messo alla porta? L’uscita dal Gruppo significa la perdita del posto di lavoro e di trattamenti economici e normativi importanti, frutto dell’impegno solidale di tutti. Il pericolo è il baratro della disoccupazione!!

Altro che “nuove opportunità di crescita professionale”! L’unica crescita sono stati i guadagni triplicati nella stagione estiva con i sacrifici dei lavoratori, ed ora voglio quadruplicare il profitto con i soldi dei dipendenti o con lo shopping natalizio. Basta con le favole.

Oltre alle politiche di “accaparramento“ nostrane, dobbiamo aggiungere che queste sono anche le conseguenze del decreto del governo, noto come “salva Italia”, che come da noi profetizzato, che sta producendo i suoi effetti nefasti ed evidenziando le sue contraddizioni. USB, ha già messo in campo una serie di battaglie con la immediata protesta dell'8 dicembre, per prosegue la sua campagna nazionale contro le liberalizzazioni degli orari di apertura degli esercizi commerciali, contro la precarietà e lo sfruttamento.

I lavoratori del commercio e della grande distribuzione sono per l'80%  donne, che lavorano nei giorni festivi rendendo loro la vita sociale e familiare impossibile, tra l'altro con contratti part time e precari e con salari bassissimi che occupano tanto tempo e restituiscono pochissimo reddito.

Ieri dopo l’incontro tra la USB ed i lavoratori in lotta senza stipendio da cinque mesi, abbiamo indicato il percorso sindacale per uscire da questa via Crucis precaria di questi lavoratori, la maggior parte dei quali sono donne e madri, in attesa di figli e con mutui a carico fuori dalle logiche concertative che hanno prodotto solo una sorta di “stabilizzazione precaria” che produce un reddito insufficiente e l’impossibilità di pianificare il futuro.

A breve calendarizzeremo una manifestazione pubblica per far sentire alta la voce della nostra protesta, che viene dal basso e che rende protagonisti delle proprie lotte i lavoratori ex Carrefour sostenuti dall'USB.

USB Coop Civita Castellana: Sciopero di solidarietà, siamo tutti con Umberto

Sciopero di solidarietà immediato dei colleghi di reparto di Umberto, colpito dall'ennesimo atto di arroganza da parte della dirigenza del supermercato Coop.

Dopo le due giornate di sciopero, culminate con la completa chiusura del negozio di Civita Castellana nel mese di settembre, la dirigenza del supermercato mostra segni di nervosismo evidenti, ma i lavoratori rilanciano la lotta.

Gli scioperi di settembre hanno colpito nel segno. I lavoratori hanno protestato contro il contratto di Avvio per il negozio di Civita Castellana, scaduto da circa un anno e sottoscritto dai soliti noti. L’azienda si continua a sottrarre ad un confronto su temi centrali quali la Sicurezza sui luoghi di lavoro, la produttività e l'organizzazione reparti, gli orari dei part time, il lavoro domenicale e festivo, le ferie e i riposi settimanali, l'organizzazione del lavoro.

USB ha inviato numerose richieste d’incontro a Unicoop Tirreno e altre saranno inviate nei prossimi giorni. L'azienda continua a ignorare la sentenza della Corte Costituzionale che conferma quanto noi dell’USB ripetiamo da 20 anni: ci vuole una legge con precisi criteri democratici che permetta ai lavoratori, prima ancora che ai sindacati, di poter esprimere liberamente da chi e come essere rappresentati.

USB esprime solidarietà ad Umberto e si schiera a suo fianco insieme a tutti i lavoratori che con questo sciopero dimostrano che un altro sindacato si può.


martedì 29 ottobre 2013

COOP: USB apre la struttura sindacale all'Ipercoop di Gradisca d'Isonzo (GO)

Era nell'aria da tempo, anche l'Ipercoop di Gradisca d'Isonzo, in Friuli Venezia Giulia, sceglie l'Unione Sindacale di Base. Questo è il segnale tangibile che i lavoratori accolgono con favore una proposta sindacale che viene dal basso e che li rende protagonisti delle proprie lotte. In una buona parte dei lavoratori si avverte l'esigenza di una nuova rappresentanza che si contrapponga all'arroganza aziendale con decisione e non con il solito atteggiamento compiacente.

In attesa che finalmente si dia corso ad una nuova legge sulla rappresentanza, che stabilisca realmente “CHI RAPPRESENTA CHI” nei luoghi di lavoro, la nomina della nuova RSA e la costituzione della struttura USB, che conta 20 iscritti, è comunque una grande iniezione di energia per tutti noi e ci impegna a lavorare con sempre maggiore impegno per rendere concreti i molti obiettivi che ci siamo proposti.

Continua la continua crescita di consensi nella distribuzione cooperativa. Oggi è soltanto l'inizio di un percorso fatto di momenti di formazione per la neoeletta RSA e di crescita di coscienza dei lavoratori dell'Ipermercato, attraverso un'informazione capillare e confronto costante.

Ai nostri delegati i migliori auguri di buon lavoro.

Coop: le lavoratrici prendono parola e ci mettono la faccia

USB Commercio si stringe intorno alle precarie Coop di Viterbo, che hanno testimoniato le condizioni di disagio nell'intervista rilasciata qualche giorno fa alla webTV NEWTUSCIA. La Via Crucis precaria di questi lavoratori, la maggior parte dei quali sono donne e madri, dura anche 12 anni ed a volte si conclude con un licenziamento definitivo o con accordi di “STABILIZZAZIONE PRECARIA”.

A qualche mese di distanza dalla storia di Catia Bottoni, recordwoman della precarietà con i suoi 12 anni di contratti a termine ripetuti, ben evidenziatadall'’articolo e dal video del Corriere della Sera, non crediamo ci sia bisogno di commenti ulteriori, noi continueremo a sostenere tutte le "DONNACOOP" con l’ammirazione per la dignità di donne e di lavoratrici che hanno dimostrato e per il loro coraggio, esempio per tutti quei lavoratori che, loro malgrado, subiscono soprusi in silenzio.